Qual è la canna giusta per me? Cosa devo farci?
Prendo una tre pezzi, una telescopica o una ripartita in due pezzi?
Quali sono gli anelli migliori? La vetta?
Scegliere l’attrezzo giusto non è facile, specie se si è agli inizi. Al giorno d’oggi la tecnologia sui materiali e sulle caratteristiche ingegneristiche hanno fornito al mercato una miriade di attrezzi con caratteristiche sempre più specifiche alla tipologia di pesca che si vuole affrontare. Quando si è agli inizi però questo può essere un’arma a doppio taglio perché si può correre il rischio di acquistare un attrezzo, il primo, che essendo troppo specifico risulterebbe inutilizzabile nella maggior parte delle condizioni meteo marine. Allora facciamo un po’ di chiarezza.
La prima canna.
Per iniziare, con un singolo attrezzo bisogna che questo abbia caratteristiche non troppo specifiche, deve essere una canna utilizzabile in quasi tutte le condizioni, da mare mosso a mare calmo.
Un accesso generico, infatti, permette di avere in sacca sempre la cosa giusta.
Si può asserire che l’attrezzo “universale” è una canna con un casting ampio e/o intermedio. Esistono canne che coprono grammature che spaziano da 100 a 200 gr, queste potrebbero essere un ottima soluzione all’inizio. Nell’eventualità in cui si opti per una canna con un casting più specifico possiamo identificare la scelta migliore in una canna con casting compreso tra 150 e 170 gr.
Queste infatti possono essere sfruttate a mare calmo ma anche in condizioni di mare mosso.
Ne esistono di telescopiche e in tre pezzi, il mio consiglio verte vigorosamente verso l’ultima soluzione e rigorosamente il materiale di costruzione deve essere il carbonio.
Di sicuro questa è una canna che porterete sempre con voi anche in futuro.
La canna da mare calmo. (beachledgering)
Successivamente il nostro bagaglio di conoscenze sarà maggiore e quindi le nostre esigenze diventeranno più specifiche.Arriveremo al punto in cui le esigenze e la passione ci traghetteranno verso l’acquisto di una canna leggera, capace di fare divertire con pesci di piccola/media taglia in condizioni di mare poco formato. Una pesca più specifica e tecnica.
Solitamente viene definita come la pesca estiva. In questo periodo i pesci si avvicinano alla battigia e quindi non necessariamente bisogna ricercare le prede a distanze siderali, e potrebbe bastare “appoggiare” la canna nei primi metri.
Per questo motivo non servono piombi pesanti, questo da la possibilità di usare attrezzi più esili e sensibili, con vettini più morbidi in grado di segnalare anche le minime abboccate e di “accompagnare” senza strappare le fughe. I fusti si assottigliano e i pesi si riducono. In questo caso il casting ovviamente si riduce e si può intercettare tra i 60 ed i 100/120gr.
In questo caso le canne possono essere, oltre che telescopiche e in tre pezzi, in quattro pezzi (3+1), perché alcune di queste hanno in dotazione vettini intercambiabili applicabili al terzo pezzo, con rigidità e materiale diverso. Quelli più morbidi solitamente sono in fibra di vetro e gestiscono pesi inferiori, quelli in carbonio invece consentono di gestire zavorre più corpose.
La canna da mare mosso.
Alghe, corrente, schiuma. Per pescare in queste condizioni cambia tutto ed entrano in gioco le attrezzature potenti, meno sensibili ma indispensabili per pescare li, dove gira il pesce di taglia. Serve avere un attrezzo in grado di gestire piramidi o sfere da 170, 200 o anche più grammi. I fusti crescono di diametro e le vette diventano più rigide. In questo caso il casting aumenta fino a 250gr. Anche se esistono attrezzi fino a 300 gr che solitamente sono però utilizzate per la pesca in oceano. In questo caso consiglio vivamente di non utilizzare canne telescopiche ma di optare per una tre pezzi o una due pezzi. Sono canne non semplici da gestire e alcune volte richiedono di saper lanciare con un minimo di esperienza per sfruttarne al meglio le doti balistiche.
Non sono di sicuro la prima scelta nell’attezzo per le prime pescate, ma quando si comincia a “masticare” di surf è indispensabile averlo nella sacca.
Le vette
I progressi ancora una volta hanno portato a svariate innovazioni anche sulle cime delle canne, questa parte della canna infatti è molto importante.
Questa, si sa, è la parte in grado di segnalare le abboccate dei pesci e quindi avvisarci nel caso in cui una preda si sia allamata al nostro terminale. Per questo motivo si cerca sempre più di creare attrezzi molto sensibili, anche nonostante la potenza.
Ma la vetta non è solo importante per questo: immaginiamo di trovarci in una condizione di mare molto mosso, con forti correnti. Questo ci condurrebbe alla scelta degli attrezzi più potenti che ci consentano di lasciare zavorre importanti, come precedentemente detto. La vetta in questo caso sarà più rigida di quella di una canna da beach, ma conservare più sensibilità possibile è fondamentale. Questo perché la vetta, nella situazione di cui sopra, non ha il semplice obbiettivo di segnalare le abboccate ma funge anche da componente in grado di “accompagnare” il moto ondoso, muovendosi regolarmente con le correnti che impattano sul nostro sistema pescante. Questo evita che la canna stia sempre “spiombata” riducendo la sensibilità e la possibilità di rimanere in pesca con costanza.
Ad oggi la maggior parte degli attrezzi adottano la tecnologia della vetta riportata, ovvero costruita separatamente dalla struttura della canna e successivamente “incollata” ad essa. Solitamente queste vette sono costruite in carbonio pieno.
Un altra tecnologia è quella della vetta tubolare, in questo caso la vetta viene costruita insieme alla canna e fa parte della struttura primaria. La vetta in questione risulta meno sensibile ma più efficiente nel lancio.
Infine sulle canne da beachledgering la vetta spesso viene costruita in resina di vetro, materiale più morbido e quindi estremamente sensibile.
La placca porta mulinello.
Altro componente fondamentale delle canne è il porta mulinello. Ne esistono principalmente di due tipologie: a slitta e a vite.
La prima è solitamente più utilizzata nelle canne con casting ridotti proprio perché garantisce una buona stabilità al mulinello e allo stesso tempo riduce al minimo il peso del componente e quindi quello di tutto l’attrezzo. Inoltre essendo minimal nel design consente una percentuale di sensibilità in più in quanto la mano del pescatore abbraccia in parte il carbonio della canna.
La placca a vite, più robusta nel suo complesso, garantisce di sicuro più stabilità tra canna e mulinello e solitamente per questo viene montata su attrezzi di media o grande potenza in termini di casting.
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Nasce nel 1995 in Sicilia, come professione è un infermiere.
In generale appassionato di natura, risale all’età di 10 anni la prima battuta di pesca in acque interne con il nonno. Dopo un periodo di totale stop dalla pesca a 15 anni risente la necessità di pescare, questa volta dedicandosi principalmente alle acque salate.
Autodidatta, ma sempre interessato allo studio della pesca e della flora e fauna degli ambienti marini, si dedica principalmente al SurfCasting ma non disdegna la pesca a bolognese e lo spinning in salt o freshwater.
Nasce come pescatore amatoriale e ama insidiare il grufolatore di taglia o il predatore estivo. Successivamente si avvicina al mondo agonistico nel 2019 diventando atleta FIPSAS dell’ASD Polisportiva Selinon. Dove intraprende un significativo cambiamento delle strategie di pesca avvicinandosi alla pesca tecnica tipica delle gare e attratto dalla pesca a contaminazione Giapponese.
Dopo un anno di stop agonistico dovuto alla pandemia riesce a piazzarsi 9’ assoluto al provinciale di Trapani su 142 atleti. Risultato che gli da accesso all’italiano per società e all’eccellenza Sud 2022.
Oltre alla passione per la pesca in spiaggia ama dedicarsi anche alla scrittura di articoli frutto di esperienze personali ed è molto attivo sulle sue pagine social dove ama condividere le sue avventure di pesca con scatti e video.